Aiuti umanitari: apriamo un pacco?

Vi siete mai chiesti cosa contiene un pacco alimentare? Per chi è pensato? Come viene distribuito?

Two volunteers handing over a box labeled 'Food Aid', symbolizing community support.

In questo periodo caotico, fatto di conflitti senza tempo e incertezze internazionali, c’è chi, anche se a fatica, riesce a portare l’essenziale a chi ne ha bisogno. Ma come funziona? Cosa c’è dentro un pacco di aiuti umanitari? Come viene composto? Come viene distribuito? Queste sono solo alcune delle domande da farsi, perché la dura realtà non finisce quando quella scatola viene consegnata!

di Lucilla Nicastro

Nel linguaggio comune li chiamiamo “aiuti umanitari” e immaginiamo scatoloni pieni di cibo che arrivano esattamente lì, nelle mani di povera gente, in situazioni difficili, che ha fame. <<Fosse così semplice!>>

Ma, nella realtà dietro la composizione di ogni pacco c’è un lavoro incredibile, complicato, enorme. Un meccanismo complesso, fatto da innumerevoli ingranaggi che devono incastrarsi alla perfezione, per far arrivare nella realtà, ciò che, nella nostra immaginazione, è solo un semplice pacco di viveri.

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 Burocrazia, logistica e realtà

Come sarebbe bello poter andare al supermercato, riempire il carrello di tutto il necessario e portarlo direttamente a chi ne ha bisogno. Ma questo purtroppo non è così semplice: prima di diventare un pacco di aiuti umanitari, quel pacco deve viaggiare tra burocrazia e fattibilità, per prendere forma e materializzarsi.

Di seguito un elenco, non esaustivo, di procedure e protocolli da rispettare per far sì che quel pacco possa realmente esistere: analisi geopolitica e culturale della zona, studio di standard nutrizionali, logistica internazionale per forniture e distribuzione, sicurezza dei convogli, criteri per scegliere chi aiutare per primo, controlli qualità e possibilità di cuocere il cibo (spesso mancano acqua potabile e gas).

Negli ultimi mesi la cronaca ci ricorda quanto il tema sia fragile e urgente: a Gaza, ad esempio, l’accesso degli aiuti è stato più volte interrotto o limitato, i convogli deviati o bloccati, e la distribuzione resa pericolosa dal collasso dell’ordine pubblico. Spesso i pacchi includono alimenti pronti all’uso, come gli High‑Energy Biscuits (HEB: biscotti ad alta energia) usati nelle emergenze perché possono essere mangiati senza cottura

Ma i pacchi non sono sempre uguali: cambiano da paese a paese e da crisi a crisi.

  • In Ucraina, per esempio, i kit alimentari contengono farina, pasta, legumi o carne in scatola, olio e zucchero, ma anche tè o caffè per affrontare il freddo imminente.
  • In India, dove spesso la necessità deriva dalla povertà estrema o da catastrofi naturali, le razioni includono riso, farina, legumi, olio e spezie, fondamentali nella loro cultura alimentare. 

Capire l’origine e la destinazione di questi pacchi ha un duplice valore: da un lato, ci aiuta a capire se quell’aiuto raggiunge davvero chi ne ha bisogno; dall’altro, ci spinge a guardare con occhi diversi ciò che abbiamo e che a volte sprechiamo.

cassetta piena di viveri per gli aiuti umanitari

Cos’è un pacco umanitario e quanti tipi ne esistono?

Con “pacco umanitario” si intende un contenitore (scatola, sacca, kit) con beni essenziali per sopravvivere e ripartire.

L’obiettivo è salvare vite e alleviare la sofferenza. Non esiste un solo tipo di pacco, ma diverse tipologie a seconda del contesto e dei bisogni specifici. Generalmente, possiamo distinguere tra:

  • Pacco alimentare: fornisce cibo per la sopravvivenza e la prevenzione della malnutrizione.
  • Kit igienico-sanitario: contiene prodotti per l’igiene personale (sapone, assorbenti, disinfettanti) e per la purificazione dell’acqua.
  • Kit di primo soccorso e medicinali: include farmaci di base, bende, disinfettanti e altri presidi medici per curare ferite e malattie comuni.
  • Kit per l’alloggio temporaneo (Shelter Kit): fornisce materiali come teli impermeabili, corde e attrezzi per costruire ripari di emergenza.
  • Kit per la didattica in emergenza: destinato ai bambini, per garantire una parvenza di normalità e continuità educativa anche in contesti di crisi.

Per il cibo, gli standard più utilizzati sono quelli del World Food Programme (WFP) e delle reti nazionali/locali (banche alimentari, Croce Rossa, ONG). Le tipologie più comuni sono:
Food basket/kit: scorte secche da cucinare (cereali, legumi, olio, sale, zucchero).
Ready‑to‑eat rations: alimenti pronti all’uso (biscotti ad alta energia, scatolette).
Razioni terapeutiche: per la malnutrizione (paste a base di arachide, latte in polvere fortificato).
Cash/Voucher: trasferimenti in denaro o buoni per acquistare i prodotti locali.

Cosa contiene un pacco alimentare?

I contenuti di base ricorrenti sono:

  • cereali (riso, farina o pasta: fonti principali di carboidrati e quindi di energia primaria);
  • legumi (forniscono proteine vegetali, fibre e altri nutrienti essenziali);
  • olio (indispensabile per l’apporto di grassi e calorie, oltre che per la cottura dei cibi);
  • zucchero e sale;
  • talvolta carne o legumi in scatola e prodotti arricchiti (HEB).

Tutto questo pensato e misurato, tenendo conto delle reali disponibilità e avendo un’attenzione particolare alla cultura locale. In contesti con alti tassi di malnutrizione, si aggiungono cibi speciali arricchiti con vitamine e minerali, destinati in particolare a bambini, donne in gravidanza e in allattamento.

A variety of canned goods and packaged items arranged for a donation drive or food bank collection.

Come si decide cosa inviare?

Le scelte derivano dalle valutazioni dei bisogni essenziali, dagli standard nutrizionali e dalla possibilità di distribuzione. Si analizzano dieta locale, disponibilità di mercato, vie di accesso, sicurezza, possibilità di cucinare e conservare.

Uno dei principi guida, sancito da standard internazionali attraverso il Progetto Sphere, è quello dell’appropriatezza culturale. Nel comporre i pacchi ci sono dei parametri da rispettare, elencati di seguito:

  • Abitudini alimentari e culturali: si cerca di inviare cibi che la popolazione locale conosce e sa come cucinare. Inviare farina di mais in una regione dove si consuma prevalentemente riso sarebbe poco efficace e irrispettoso.
  • Condizioni climatiche e ambientali: in climi freddi, si privilegiano alimenti ad alto contenuto calorico.; in zone aride, la disponibilità di acqua per la cottura è un fattore determinante.
  • Disponibilità locale: dove possibile, le organizzazioni umanitarie cercano di acquistare cibo dai mercati locali per sostenere l’economia del posto e garantire la freschezza dei prodotti.
  • Urgenza e tipo di crisi: In una situazione di emergenza acuta, si prediligono alimenti pronti al consumo o che richiedono una preparazione minima.

Come si calcola il quantitativo di cibo necessario?

Per calcolare il quantitativo di cibo necessario, le organizzazioni umanitarie di tutto il mondo fanno riferimento a un quadro di principi e standard universalmente riconosciuto: il Progetto Sphere. Questo manuale non fornisce menù fissi, ma stabilisce gli Standard Minimi per la risposta umanitaria, garantendo che l’aiuto sia efficace, di qualità e rispettoso della dignità umana.

Secondo gli standard Sphere i parametri da rispettare sono:

  • Fabbisogno Calorico di Riferimento: il punto di partenza per la pianificazione è un fabbisogno energetico medio di 2100 chilocalorie (kcal) per persona al giorno.
  • Adattamento al Contesto: questo valore non è assoluto. Deve essere attentamente adattato in base a una valutazione dei bisogni specifici della popolazione, considerando fattori come l’età media, lo stato nutrizionale (donne in gravidanza, bambini), il livello di attività fisica e le condizioni climatiche (in climi freddi il fabbisogno aumenta).
  • Equilibrio dei Macronutrienti: il cibo deve fornire un apporto bilanciato: le linee guida indicano che le calorie totali, oltre che da carboidrati, devono provenire per il 10-12% anche da proteine e per almeno il 17% da grassi.
  • Prevenzione delle Carenze di Micronutrienti: per evitare malattie da carenza (come lo scorbuto o l’anemia), le razioni alimentari devono includere una quantità adeguata di vitamine e minerali, spesso garantita attraverso l’uso di alimenti fortificati (es. sale iodato, olio arricchito con vitamina A).

Quali sono i criteri di distribuzione adoperati?

La distribuzione degli aiuti umanitari, che avviene se possibile con cadenza mensile o bisettimanale, segue principi fondamentali di imparzialità, neutralità e indipendenza. L’aiuto viene fornito in base al bisogno, senza alcuna discriminazione di razza, religione, nazionalità o appartenenza politica.

Le priorità vengono stabilite valutando le necessità. Si dà precedenza ai gruppi più vulnerabili:

  • Bambini, soprattutto quelli al di sotto dei cinque anni.
  • Donne in gravidanza o in allattamento.
  • Anziani.
  • Persone con disabilità o malattie croniche.

La distribuzione avviene spesso per nucleo familiare in punti di raccolta prestabiliti. L’accesso a questi luoghi può essere difficile e pericoloso, in quanto spesso si trovano in posti a rischio elevato.

In questi contesti di estrema precarietà si attivano anche canali per reclami e confronti, utili a verificare l’efficacia della distribuzione ed eventuali criticità o lacune.

Quanti pasti al giorno vengono garantiti?

L’obiettivo delle razioni alimentari è coprire il fabbisogno calorico giornaliero, non programmare un numero preciso di pasti al giorno, come accade quando si cerca di seguire una dieta bilanciata nella normalità della vita di tutti i giorni. 

Idealmente, il cibo fornito dovrebbe permettere di consumare tre pasti al giorno, ma in situazioni di grave scarsità di risorse, l’obiettivo primario è fornire una quantità di cibo sufficiente per almeno un pasto sostanzioso al giorno che garantisca la sopravvivenza.

La distribuzione di alimenti come farina e riso permette alle famiglie di gestire le scorte cuocendo grandi quantità di cibo in una sola volta, così da distribuirlo nell’arco della giornata.

Questo perché spesso cucinare è difficile.

Il problema della cottura

Un aspetto cruciale e spesso sottovalutato, infatti, è la possibilità di cucinare il cibo ricevuto. Un pacco pieno di riso e fagioli secchi è inutile se non si ha a disposizione acqua pulita, combustibile per cucinare e pentole. Per questo motivo, le organizzazioni umanitarie, quando possibile:

  • distribuiscono anche combustibile da cucina (legna, carbone, gas) o fornelli da campo.
  • includono nei kit di prima necessità anche pentole e utensili.
  • privilegiano alimenti che richiedono poca acqua e tempi di cottura brevi.
  • in alcuni contesti, si allestiscono cucine da campo comunitarie per preparare pasti caldi per un gran numero di persone.
accensione di un fuoco in campo profughi

 Che fine fanno i pacchi non consegnati?

La gestione del cibo non consegnato è una sfida complessa. A seconda della situazione in cui ci si trova si delineano diversi scenari:

  • Viene ridistribuito: se possibile, il cibo viene dirottato verso altre aree di crisi nelle vicinanze.
  • Viene immagazzinato: le organizzazioni mantengono scorte in magazzini strategici pronti per essere inviati non appena le condizioni lo permettono.
  • Rischia il deterioramento: se il blocco si protrae a lungo, alimenti deperibili possono andare a male. In questi casi, si cerca di distribuirli a comunità locali vicine ai punti di stoccaggio per evitarne lo spreco totale.
  • Smaltimento: nei casi più estremi, quando il cibo non è più commestibile, deve essere smaltito, con costi aggiuntivi e un’enorme perdita di risorse.

Capire gli aiuti per ridurre lo spreco alimentare

Nel mondo si progettano razioni alimentari per garantire 2.100 kcal al giorno che possano essere utili alla sopravvivenza di chi non ha nulla a causa di conflitti, catastrofi o carestie. Nei paesi ricchi, invece, sprechiamo cibo lungo tutta la filiera (produzione, distribuzione, casa), buttando quantità di cibo sempre crescenti ( in Italia – dati Eurostat –  nel 2023 sono stati buttati circa 138 kg di cibo a testa).

Conoscere standard, criteri e limiti logistici degli aiuti umanitari mostra quanto “valga” ogni chilo di cibo salvato e recuperato, a iniziare dalle eccedenze di produzione per giungere alla solidarietà. 

Riflettere sulle difficoltà della distribuzione degli aiuti umanitari mette in luce il paradosso della nostra società: mentre in molte parti del mondo si lotta per un pugno di riso, nei paesi industrializzati si sprecano tonnellate di cibo ogni giorno, con un enorme impatto sull’ambiente e la società.  

 Conclusione

Gli aiuti umanitari sono un’ancora di salvezza per milioni di persone, ma sono parte di una macchina complessa e fragile, soggetta a innumerevoli sfide politiche, logistiche e di sicurezza. Dietro ogni pacco di aiuti c’è uno sforzo enorme di pianificazione, raccolta fondi e distribuzione, portato avanti da persone che lavorano in condizioni spesso pericolose. Le difficoltà nel far arrivare anche un semplice biscotto a chi soffre la fame ci ricorda la nostra responsabilità collettiva nel garantire il diritto fondamentale alla vita e alla dignità di tutti. 

Un pacco umanitario non è una scatola qualsiasi: è una razione pensata per persone vere, che vivono in condizioni di estrema necessità e privazioni. Quello che non si vede è un lavoro fatto di competenze: scienza dell’alimentazione (calorie, proteine, micronutrienti), logistica (strade, porti, depositi), sicurezza (convogli, punti di distribuzione), protezione (chi ha più bisogno prima), dignità (cibo culturalmente accettabile e preparabile). 

I blocchi e le interruzioni non sono solo notizie, ma privazione del diritto alla vita quotidiana: “Cosa mangerò oggi? Riuscirò a cucinarlo? “

Sapere come funziona la catena degli aiuti ci aiuta a prendere una posizione informata e a dare valore, anche a casa nostra, a ogni gesto contro lo spreco e ad apprezzare quelle reti di aiuti che trasformano eccedenze in pasti quotidiani.

 

donate

Fonti

Per approfondire l’argomento consultare i siti delle principali organizzazioni umanitarie internazionali e delle istituzioni governative:

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